Shatkarman, pratiche di purificazione
- samuele rosso
- 12 feb 2022
- Tempo di lettura: 6 min
I sei atti per purificare ed equilibrare.
Con il termine Shatkarman vengono indicate varie pratiche di purificazione comuni a molte tradizioni dello Yoga. Queste tecniche sono mirate a purificare i diversi livelli ed a preparare al meglio il praticante al percorso yoghico.
Gli Shatkartman agiscono sui livelli fisico, energetico e mentale, rimuovendo le impurità che costituiscono un ostacolo ai benefici ottenibili dall’esecuzione degli âsana (le posizioni dello yoga), dei prânâyâma (le tecniche di controllo del respiro) e delle pratiche meditative.
La parola Shatkarman significa “sei azioni”: Shat è il numero sei e karman significa genericamente “azione”. Sei sono infatti le tecniche che troviamo elencate nei testi classici.
Queste pratiche vengono indicate anche con il termine Shatkriya: kriya è un altra parola con il significato di “atto, azione, sforzo”.
Nella cultura dello Yoga il corpo viene considerato come uno "veicolo" da mantenere nella migliore condizione possibile, al fine di poterlo adoperare per il raggiungimento di stati di consapevolezza più alti, che trascendono il corpo stesso.
Si usa il corpo per andare oltre il corpo, in una concezione per cui l’inevitabile deterioramento della dimensione fisica non costituisce il termine dell’esistenza.
Ma dal corpo bisogna comunque partire e pertanto, bisogna averne cura.
Proprio per questo, negli insegnamenti tradizionali rientrano precetti per una dieta equilibrata, suggerimenti per uno stile di vita sano e propedeutico allo Yoga, l’utilizzo della medicina tradizionale e le pratiche di purificazione.
Con un corpo “purificato” si favorisce una condizione generale di benessere: lo yogin può così dedicarsi allo Yoga auspicando i migliori risultati.

In India, molti templi hanno vasche ( a volte, come nella foto, di grandi dimensioni)
dove i fedeli si possono purificare prima di entrare nel perimetro sacro o offrire candele che vengono accese e lasciate galleggiare.
Il bagno rituale è un aspetto importante nella prassi religiosa dell'induismo.
Si ritiene infatti che lavarsi permetta di pulire non solamente il corpo ma anche la menta e lo spirito. Alcuni fiumi sono considerati sacri, come il Gange e la Yamuna, in quanto costituiscono un' emanazione in questo mondo di particolari divinità. Si ritiene che bagnarsi in queste acque sacre contribuisca a lavare via i pesi karmici ed a liberarsi dalle catene del ciclo di vita-morte-rinascita.

Purificazioni all'alba in riva al Gange, Varanasi. 2009
In questo contesto religioso e culturale hanno origine le pratiche di purificazione dello Yoga, conosciute appunto come Shatkarman, i "le sei azioni"
I sei atti indicati nei testi classici sono:
Dhauti (pulizia dello stomaco);
Basti (lavaggio dell’intestino);
Neti (pulizia delle vie nasali);
Trâtaka (pratica di fissare con lo sguardo);
Nauli (movimento addominale);
Kapâlabhâti (respirazione che purifica la mente).
Alcune di queste tecniche sono appunto citate nei testi tradizionali ma oggigiorno non sono comunemente praticate e necessitano sicuramente la supervisione di un insegnante esperto.
Altre tecniche, come Trâtaka, Neti e Kapâlabhâti, possono invece essere praticate in autonomia, seguendo istruzioni e precauzioni del caso.
Gli Shatkarman contribuiscono a creare una condizione di equilibrio nel corpo, anche a livello energetico.
In particolare queste pratiche mirano ad ottimizzare gli effetti che prânâyâma ed āsana producono sul flusso del Prana.
Il Prana, l’energia vitale che sostiene le funzioni del corpo, scorre in una rete di migliaia di canali sottili, le nâdî: le principali sono Idâ, Pingalâ e Sushumnâ.
Idâ e Pingalâ sono in relazione agli aspetti femminile e maschile ed alle coppie di polarità presenti in ognuno di noi: sole e luna, caldo e freddo, acqua e fuoco, sistema nervoso simpatico e sistema parasimpatico, rilassamento ed attivazione dell’organismo, ecc.
Le coppie di opposti esistono non solamente a livello simbolico, archetipo: costituiscono effettivamente i componenti principali delle attitudini, dei comportamenti, delle funzioni vitali che caratterizzano ogni individuo. Una loro armonizzazione si riflette ad ogni livello.
L’equilibrio tra le coppie di opposti permette al Prana di fluire liberamente e promuove una condizione di armonia ai livelli fisico, mentale, spirituale, grossolano e sottile.
La pratica di Neti, il lavaggio delle vie nasali, contribuisce alla purificazione fisica ed energetica. Agisce cioè sia mantenendo i seni nasali liberi sia stimolando un equilibrio tra le nâdî Idâ e Pingalâ
Questi due canali energetici nascono alla base della colonna vertebrale e proseguono fino alla sommità del capo intrecciandosi in più punti, creando una strutture elicoidale che passa dalle narici.
Si ritiene infatti che la narice sinistra sia in contatto con Idâ nâdî e la narice destra con Pingalâ nâdî. La pulizia delle narici contribuirebbe perciò a bilanciare Idâ e Pingalâ e permetterebbe all’energia di fluire liberamente.
La purificazione si può ottenere attraverso pratiche di prânâyâma, come il respiro a narici alternate, ed attraverso la pulizia dei seni nasali.
La pratica di Neti può essere effettuata tramite l’ausilio di una cordicella (sûtra-neti) o con un lavaggio dei seni paranasali (jala-neti).
Sûtra-neti è poco diffusa e consigliata soltanto a praticanti di lungo corso, con la supervisione di insegnanti altamente esperti.
Il lavaggio con acqua, chiamato Jala-neti, può essere invece appreso e praticato in autonomia, salvo limitazioni personali o presenza di patologie.
Jala in sanscrito significa "acqua" ma anche "rete, intreccio, groviglio".
Il termine potrebbe quindi riferirsi non solamente alla sostanza utilizzata per il lavaggio ma anche all'intreccio di canali energetici presente nella zona del naso, degli zigomi, dei seni paranasali.
Per il lavaggio si può usare acqua tiepida del rubinetto oppure portare ad ebollizione un pentolino d'acqua ed attendere che si raffreddi. Si ritiene infatti che attraverso l'ebollizione vengano eliminate eventuali impurità.
Si usa un recipiente (facilmente reperibile nei negozi specializzati o acquistabile online) chiamato lota e dotato di un lungo e sottile beccuccio che viene appoggiato al foro della narice, senza essere inserito all’interno.
Sul recipiente è solitamente presente una tacca che indica il livello massimo di acqua con cui riempirlo.
Bisogna aggiungere un cucchiaino di sale per ottenere una soluzione salina intorno al 9% che non irrita le mucose nasali. È consigliato usare sale fino, in modo da poterlo disciogliere completamente, e di origine biologica.

Lota per jala-neti. Il beccuccio lungo e ricurvo ne facilita l'uso.
Secondo altre indicazioni converrebbe invece usare soluzione fisiologica poiché contiene un contenuto di sali esatto e maggiormente indicato per il contatto con le mucose. Aggiungendo il sale manualmente si corre il rischio di metterne troppo o troppo poco.

Il sale viene aggiunto all'acqua per ottenere una soluzione salina isotonica.
L'acqua andrebbe usata tiepida: versarne un poco sulla mano per accertarsi della temperatura. L'acqua fredda è sconsigliata perché rischia di indurre una congestione nasale.
Si appoggia quindi l'estremità del beccuccio ad una narice e si inclina la testa nella direzione opposta. Bisogna mantenere la testa diritta e non piegare il capo in avanti o indietro: l'inclinazione avviene solamente sul piano laterale. Altrimenti si potrebbe spingere l'acqua verso la bocca.
La forza di gravità fa sì che l'acqua scorra attraverso i seni paranasali ed esca dalla narice opposta.
Durante la procedura la respirazione avviene attraverso la bocca aperta.
Quando si è svuotata la lota, raddrizzare il capo e lasciare che l'acqua in eccedenza fluisca dalle narici.
Ripetere sull'altro lato.
Al termine si può soffiare con forza da entrambe le narici per espellere l'acqua eventualmente rimasta all'interno. Attenzione però a non soffiare come si fa quando si è raffreddati, occludendo cioè una narice per liberare l'altra o occludendo parzialmente entrambe: si rischia infatti di spingere l'acqua residua verso i condotti uditivi.
È sufficiente soffiare con forza da entrambe le narici libere.
La pratica andrebbe eseguita la mattina e non la sera: rimanendo in piedi durante le attività della giornata, l'eventuale acqua residua ha la possibilità di fuoriuscire spontaneamente dalle narici. Da coricati questo processo è invece limitato.
Durante le prime pratiche può succedere di ingerire piccole quantità di acqua o di avere l'impressione di faticare a respirare liberamente mentre il liquido scorre attraverso le narici. Basta poca esperienza per imparare la posizione corretta del capo e la giusta quantità di sale da adoperare.
La sensazione di pulizia e freschezza che si ottiene vale sicuramente lo sforzo dei primi tentativi.
La pratica di Jala-neti aiuta a pulire e liberare le vie nasali, promuove l'espulsione del muco in eccesso, tonifica le mucose e lascia un piacevole senso di chiarezza: l'effetto è percepibile sia nella respirazione che nella zona della fronte.
Si ritiene infatti che il lavaggio produca la stimolazione dei nervi oculari e di alcuni nervi situati nella regione prefrontale. Alcuni testi indicano infatti effetti benefici per alcune forme di cefalea. Indubbiamente dopo la pratica si ha una sensazione di limpidezza.
La pulizia delle mucose ne promuove l'attività di trattenimento delle polveri e degli antigeni, regolando la produzione di muco e favorendo l'inibizione delle irritazione e delle reazioni
allergiche.
La frequenza dei lavaggi va adattata individualmente, in base all'esperienza e/o alla consulenza di un medico.
Nel video sotto, la pratica di Jala-neti
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