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La posizione della mezza luna

Ardhachandra-âsana, la flessione laterale in piedi.


Le pratiche dello hatha-yoga dedicano grande attenzione alla postura ed alla salute della colonna vertebrale: essa rappresenta infatti la struttura portante sia a livello fisico che a livello energetico. Una colonna sana e ben allineata promuove un movimento agevole, una respirazione efficace ed una circolazione ottimale delle energie.

Secondo la fisiologia sottile dello yoga, il Prâna, l’energia vitale, scorre attraverso tutto il corpo regolandone le varie funzioni ma è lungo il rachide che si snodano i tre canali energetici principali. Il maggiore di questi, Sushumnâ, si ritiene localizzato in corrispondenza del midollo spinale.

Per tutte queste ragioni si cerca di mantenere una postura in cui la schiena è diritta ma senza irrigidirne i muscoli: così facendo, nelle posizioni meditative si favorisce una respirazione lenta e profonda, che aiuta il rilassamento e la concentrazione, e nella pratica degli âsana si facilita il movimento del corpo nelle varie direzioni, limitando al meglio sovraccarichi che possono gravare sugli elementi costituenti la spina dorsale.

La nostra colonna è formata da 33 o 34 vertebre separate da dischi di fibrocartilagine, sorta di ammortizzatori naturali. Le vertebre garantiscono il sostegno del tronco mentre i dischi ne permettono la mobilità: quando si assumono atteggiamenti posturali disfunzionali o si eseguono movimenti scorretti, le due funzioni di sostegno e mobilità finiscono per non essere più ben distinte tra di loro e si creano quei sovraccarichi che possono per esempio causare protrusioni o ernie discali.

Con la pratica degli âsana si favorisce il movimento della colonna in tutte le sue direzioni ma sempre nel rispetto dei limiti individuali. Adottando accorgimenti come l’intenzione di mantenere la colonna ben allungata, cioè creando spazio tra una vertebra e l’altra, si riduce la possibilità di compressione dei dischi intervertebrali.


In alcune tradizioni dello hatha-yoga si ritiene che l’età di una persona non corrisponda a quella anagrafica ma sia determinata dal grado di mobilità della sua schiena.

La colonna si può muovere in varie direzioni e modalità, che possono essere divise nelle seguenti categorie: allungamento, cioè movimento nel quale il rachide non varia il suo allineamento ma aumenta lo spazio tra una vertebra e l’altra; piegamento in avanti, in cui aumenta lo spazio tra le vertebre nella parte posteriore e si riduce in quella anteriore; inarcamento cioè piegamento indietro, in cui aumenta lo spazio anteriormente e si riduce posteriormente; rotazione, dove le vertebre rimangono allineate ma ruotano sul proprio asse senza variare la distanza tra di loro; flessione laterale, in cui le vertebre si distanziano tra di loro nel lato sinistro e si avvicinano in quello destro quando si flette verso destra e viceversa quando la flessione avviene verso sinistra.

Questi diversi tipi di movimento vengono eseguiti spontaneamente attraverso le attività che svogliamo ogni giorno ma nel contesto di una seduta di hatha-yoga cambia notevolmente la consapevolezza coinvolta e quindi gli effetti del movimento medesimo su muscoli, articolazioni, legamenti, organi interni, eccetera.

Proprio per questo, una sequenza di hatha-yoga per essere bilanciata dovrebbe includere le diverse tipologie di movimento della colonna, che costituiscono infatti anche uno dei criteri utilizzati per classificare gli âsana.

Per gli stessi motivi, dopo posizioni che presentano un lavoro intenso della spina dorsale si consigliano contro-posizioni per bilanciarne gli effetti.

Si ritiene che la flessione laterale sia il movimento che eseguiamo con meno frequenza attraverso le attività quotidiane ed è pertanto importante ricordarsi di inserirlo regolarmente nelle nostre pratiche, in modo da mantenere la colonna sana e flessibile.

Con il termine ardhachandra-âsana, la “posizione della mezza luna”, vengono indicate diverse posizioni, a seconda della tradizione o della scuola di riferimento.

In questo contesto mi riferisco alla flessione laterale eseguita in piedi. Lo stesso âsana viene anche definito come ardhachakra-âsana, ossia la "posizione della mezzo cerchio, della mezza ruota".

Si parte con i piedi paralleli, leggermente separati tra di loro oppure uniti, a seconda della capacità del praticante di rimanere stabilmente nella posizione. Le braccia sono distese lungo i fianchi, i palmi rivolti verso le cosce.

Per cominciare, allineare bene tutto il corpo, dai talloni fino alla parte posteriore del capo, immaginando di essere in appoggio ad un muro. In effetti, una buona pratica è quella di eseguire ardhachandra-âsana rimanendo con la parte posteriore del corpo addossata ad una parete, in modo da accertarsi che la flessione avvenga di lato e non frontalmente, evitando cioè quel leggero piegamento in avanti che spontaneamente aiuta a compensare la scarsa abitudine al movimento laterale.

Inspirando, aprire lateralmente il braccio sinistro facendolo salire verso l’alto: quando il braccio si trova disteso orizzontalmente, si ruota il palmo in sù in modo da agevolare il movimento e proteggere l’articolazione della spalla.

Prolungando l’inspirazione si allunga bene verso l’alto, sulla verticale del corpo, come a voler toccare il soffitto; espirando, si flette il busto verso sinistra, accompagnando il movimento con il braccio.

La posizione delle gambe e del bacino, rivolti frontalmente, rimane invariata.

Il collo ed il braccio destro sono rilassati.

Il braccio sinistro mantiene l’allungamento, come se venisse tirato verso destra: in questo modo si percepisce lo stiramento di tutta la parte sinistra del tronco, e si evita di andare in appoggio, e quindi di gravare, sull’articolazione dell’anca destra.

Mantenendo la posizione per un minuto o due, portare l’attenzione al respiro (percepibile soprattutto nel polmone sinistro) ed all’allungamento dei muscoli intercostali.

Inspirando, lentamente si ritorna al centro con il braccio sulla verticale. Espirando, si fa scendere lateralmente il braccio verso sinistra, ruotando il palmo della mano verso terra all’altezza della spalla.

Tornati nella posizione di partenza, si riposa per qualche respiro osservando gli effetti della pratica ed ascoltando le sensazioni provenienti dalla parte sinistra e da quella destra del corpo, per notare eventuali differenze tra il lato già coinvolto dalla pratica e quello verso il quale si deve ancora praticare.


Ardhachandra-âsana aiuta a migliorare la respirazione, allenando i muscoli intercostali e stimolando un respiro lento e profondo in misura diversa prima in un polmone e poi nell'altro, a seconda del lato di esecuzione. Attraverso la pratica si migliora la flessibilità della colonna e la postura, favorendo la mobilità delle articolazioni di spalle ed anche.

Nel passare dall'esecuzione contro la parete ad una pratica "libera", concentrandosi sull'allineamento si stimola la propriocezione del corpo nello spazio.


La luna viene simbolicamente associata all'introspezione, al riposo ed al raccoglimento: ardhachandra non è d'altronde una posizione particolarmente avanzata e la sua pratica permette, una volta mantenuti i criteri di allineamento e di allungamento, di dedicarsi all'ascolto del corpo. Essendo eseguita in piedi, si rischia anche di meno, rispetto ad altri âsana, di scivolare verso l'inerzia.

La luna è inoltre legata all'aspetto femminile presente in ciascun individuo, controparte dell'aspetto maschile associato tradizionalmente al sole.

Osservare gli effetti della posizione e le differenze nella flessione verso un lato e verso l'altro, effetti che cambiano con la pratica e con il tempo, aiuta a ricordarci come le coppie di opposti (destra-sinistra, maschile-femminile, allungamento-rilassamento, eccetera) siano parte di ognuno di noi e di come la ricerca del loro equilibrio sia fondamentale per raggiungere una condizione di benessere.

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