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Supta-vajrasana

La posizione supina del diamante


La parola sanscrita supta significa "supino" mentre vajra viene utilizzata per indicare il "diamante", o comunque un materiale estremamente duro, ma è traducibile anche come "fulmine". La J viene pronunciata come le nostra G morbida di "giorno".

Vajra è inoltre il nome della leggendaria arma di Indra, nel pantheon induista signore degli Dei, dio del fulmine, delle piogge e protettore della stirpe degli Arii.

Il vajra è una mazza dalla sommità tondeggiante, ad una o due teste.

Il simbolo del vajra è comunemente utilizzato in vari ambiti dell'induismo e del buddhismo, a rappresentare la forza dell'energia vitale e l'esplosione di luce e potenza (come quelle di un fulmine) che avviene quando questa energia trascende e porta al Risveglio spirituale.


Supta-vajrasana è la variante da supini della posizione Vajra-âsana, che si esegue invece da seduti e che troviamo nei testi tradotta sia come "posizione del diamante" che come "posizione del fulmine" a seconda delle diverse scuole di hatha-yoga.

Occorre però sottolineare come nelle diverse tradizioni si crei una similitudine ed a volte anche un po' di confusione tra vajra-âsana (la posizione del diamante) e vira-âsana (la posizione dell’eroe).

Secondo alcune scuole le due posizioni sono simili: seduti in ginocchio, si mantiene la schiena allineata e le mani sulle cosce, rilassando spalle e braccia. Lo sguardo frontale.

I due âsana si differenziano però per la posizione dei piedi: in una si trovano sotto il bacino, per cui ci si siede effettivamente con le natiche sui talloni; nell'altra le ginocchia vengono distanziate per permettere ai piedi di aprisi e di posizionarsi ai lati del bacino: le natiche appoggiano a terra. In questa posizione ci si siede effettivamente sul pavimento pelvico.


Altre tradizioni indicano invece con il nome di vira-âsana un' altra posizione ancora, diversa dalle precedenti.

Per dovere di precisione, in questo post si segue la classificazione per la quale Vajra-âsana può essere eseguita con i talloni sotto le natiche, nella forma semplificata, o con i talloni aperti ed il pavimento pelvico in appoggio a terra, nella forma completa. Così facendo, aumenta l'effetto di stiramento su cosce e ginocchia e bisogna pertanto progredire con cautela.

Vajra-âsana nella versione completa


Nell'esecuzione di Supta-vajrasana si parte quindi da seduti, con il perineo in appoggio a terra ed i piedi ai lati dei fianchi. La colonna vertebrale è distesa ed allineata.

Espirando, si esegue lentamente e con cura un piegamento indietro fino a portare la schiena ed il capo in appoggio a terra, sostenendosi nella discesa prima con le mani e poi con i gomiti. Una volta raggiunto il pavimento, si lavora con il respiro profondo per rilassare le gambe, la zona lombare e le spalle.

Le ginocchia dovrebbero rimanere a terra: se tendono ad alzarsi è una indicazione del fatto che il corpo non è ancora pronto per la posizione completa e che conviene adottare accorgimenti onde evitare infortuni o fastidi.

Proprio per l'intenso lavoro di allungamento sulle cosce e per la pressione esercitata sulle ginocchia e sulla zona lombare, conviene approcciarsi gradualmente a Supta-vajrasana, usando dei supporti per limitare il piegamento indietro e sostenere il corpo.


Uno dei grandi vantaggi dello hatha-yoga è che si può trovare facilmente una variante adatta alla condizione del corpo, così com'è in questo momento, lavorando cioè per migliorarne flessibilità e capacità ma senza superarne i limiti.

Per farlo a volte bisogna combattere contro il proprio ego, che ci vorrebbe spesso performanti e a fatica scende a compromessi.

Ma se riusciamo a farlo, i benefici saranno indubbi.


Per cominciare possiamo usare un supporto da mettere sotto il pavimento pelvico, come un mattoncino od un cuscino, in modo da sederci limitando lo stiramento delle cosce e la compressione sulla articolazione delle ginocchia.

Uso del mattoncino per sedersi in Vajra-âsana


Lo spessore dei supporti può essere incrementato o ridotto poco per volta a seconda della necessità. Procediamo per gradi!

La disposizione accurata di blocchi, cuscini, bolster, eccetera, permette di rendere Supta-vajrasana una posizione comoda ed accessibile.

Se le ginocchia tendono ad alzarsi possiamo posizionare dei supporti sotto, come i due mattoncini in sughero nella foto sopra, andando così a ridurre l'effetto di stiramento delle cosce.

La discesa graduale, appoggiandosi sulle mani e sui gomiti, permette di entrare poco per volta nella posizione, senza farsi male e permettendoci di capire se e dove incrementare i supporti.

Fondamentale è uscire dalla posizione allo stesso modo, aiutandosi a tornare con il busto sulla verticale grazie alla forza ed al sostegno delle braccia.

Discesa graduale e abbandono nella posizione


Si può rimanere in Supta-vajrasana per qualche minuto, a seconda della comodità, cercando di rilassare e di abbandonarsi alla posizione.

Ritornati con cautela nella posizione di partenza, si riposa per qualche respiro seduti in ginocchio, prima di eseguire un âsana di piegamento in avanti come compensazione per l'intenso lavoro sulla colonna.

Se la flessibilità di cosce e ginocchia è buona, si può passare direttamente in Dhârmika-âsana, la posizione della foglia. Se invece si sente il bisogno di sciogliere le gambe, si può eseguire Pascimottâna-âsana, in modo da allungare tutta la parte posteriore, sempre adottando le varianti con supporti quando necessario.

Compensazioni con Dhârmika-âsana e Pascimottâna-âsana


Supta-vajrasana allunga i muscoli delle cosce e tonifica gli addominali, migliorando la flessibilità delle ginocchia e delle caviglie. Se praticata con i giusti supporti, la posizione diventa molto rilassante

La peculiarità di questo âsana, secondo alcune tradizioni, è quella di poter essere praticabile anche dopo un pasto, senza attendere almeno un paio di ore per la completa digestione. Anzi, si ritiene che Supta-vajrasana sia ottimale per favorire i processi digestivi, presumibilmente per la profonda stimolazione dei meridiani dello stomaco, che corrono lungo la parte anteriore delle gambe.


A livello sottile la pratica agisce soprattutto sul secondo chakra Svâdhishtâna, situato nella colonna all'altezza degli organi genitali. Il chakra è legato alle energie primordiali della sessualità, della riproduzione e della sopravvivenza come specie.

L'ottimizzazione di queste energie, piuttosto che la loro repressione, e l'utilizzo della loro forza dirompente per scopi spirituali è uno dei temi caratteristiche dello yoga tantrico.

Questa chiave di lettura ci offre una visione più ampia degli effetti della posizione e dei vari significati del suo nome.

(Supta-)Vajrasana può essere interpretata come "posizione del diamante" perché seduti in ginocchio le cosce diventano dure come pietre e il bacino assume la forma (e la stabilità) di un diamante, come viene riportato nel testo classico della Gheranda Samhitâ.

Un'altra possibile spiegazione viene fornita da Swamy Satyananda: nell’esecuzione si stimola vajra-nadi, il canale energetico che collega gli organi sessuali al cervello e che veicola l’energia nel suo aspetto istintivo e creativo.

Secondo la fisiologia sottile dello Yoga, ritiene infatti che uno dei tre canali energetici principali, Sushumna-nadi, sia formato al suo interno da altri tre altri canali, che scorrono uno dentro l’altro, diventando sempre più piccoli ma veicolando energia sempre più "pura". Dei tre, Vajra viene definito "luminoso come il sole o come un fulmine", è quello più esterno e veicola energia considerata rajasica: spostandosi verso i canali interni l’energia diventa sempre più sattvica.

Stimolando il secondo chakra e vajra-nadi, la pratica di Supta-vajrasana aiuta a spingere l'energia verso l'alto e verso scopi più sottili.





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