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Pascimottâna âsana

La posizione di allungamento dell'ovest, detta anche posizione terribile.


Pascimottāna āsana è una delle posizioni fondamentali dello hatha-yoga, presente in gran parte delle tradizioni e forse per questo conosciuta con diversi nomi.

Pascima in sanscrito significa "ovest, occidente".

La posizione infatti viene indicata come "lo stiramento di tutta la parte occidentale del corpo".

Si ritiene il sorgere del giorno essere in assoluto il momento migliore per dedicarsi alla pratica dello yoga. Al risveglio il praticante è riposato e solitamente con la mente libera da troppi pensieri.

All’alba, rivolto verso il sole che sorge, lo yogin è pronto per esprimere la sua energia attraverso il corpo: essendo il praticante rivolto verso il sole nascente, tradizionalmente si definisce come “orientale” la parte anteriore del corpo.

Di conseguenza la parte posteriore è quella occidentale, l’ovest del corpo.

In pascimottāna āsana si ottiene un allungamento di tutta la parte posteriore, dai talloni fino alle cervicali.

La posizione viene poi spesso chiamata anche “la pinza”, per l’effetto di chiusura e, più raramente, anche come ugrasana, la posizione potente o terribile. Secondo alcune tradizioni, ugrasana è invece una variante con le gambe divaricate.

Ugra è uno dei nomi di Rudra, divinità talvolta identificata come dio del fuoco, altrimenti conosciuta come una delle manifestazioni di Shiva.

Ugra è inoltre un l’attributo, l’espressione terribile comune nella iconografia e presente sui volti di varie divinità del pantheon induista. In tutta l'India si trovano raffigurazioni forma di Shiva, di Vishnu, della Shakti e di molte altre divinità nella loro "versione" terribile, furiosa. Basti pensare alla dea Kālī, in occidente erroneamente identificata come l’oggetto di un culto demoniaco, quando invece rappresenta la madre divina nel suo aspetto di guerriera furiosa, all’opera per sconfiggere i demoni e ripristinare l’ordine universale.

È comunque incerta l’origine del nome della posizione come ugrasana: si potrebbe associare la divinità del fuoco con gli effetti che la posizione ha sulla zona addominale, sede del fuoco Agni responsabile del metabolismo e della digestione.

Oppure si può considerare come pascimottāna agisca sui piani fisico ed energetico e per questo potrebbe essere definita come “posizione potente”.

Secondo altri, invece, la pratica non è di immediato accesso e di conseguenza verrebbe considerata da chi si approccia come “difficile” se non persino “terribile”.

Le divinità nelle loro raffigurazioni furiose rappresentano l’altra faccia della medaglia, l’altro lato della dualità, delle coppie di opposti che costituiscono la realtà come la percepiamo e che vanno trascese (o forse incluse) per raggiungere l’unità, intesa come armonia.

La divinità furiosa, Shiva in particolare, rappresenta la distruzione, ma non una distruzione nichilista bensì una distruzione essenziale per la rinascita, per l’ evoluzione.

Pascimottāna simboleggia in tal senso il distacco dal passato, dalle impressioni e tendenze negative che ci impediscono di procedere. Nella sua pratica si danno le spalle al passato, ci si raccoglie nel momento presente per distendersi in avanti, verso il cambiamento.


Nonostante la reputazione di posizione difficile, pascimottāna può essere eseguita a diversi livelli, in base alla condizione del praticante: l’utilizzo di accorgimenti e supporti la rende al contrario facilmente accessibile.

Questo ancora una volta ci ricorda come lo yoga vada considerato una pratica aperta a tutti, adattabile nello alla specificità di chi lo pratica.

Seduti sul tappetino si distendono le gambe con i piedi a martello ed uniti, le ginocchia a contatto. Inspirando si allungano le braccia verso l’alto cercando di distendere la colonna.

Espirando si scende in avanti per portare le mani verso i piedi, flettendo il tronco in avanti e cercando di mantenere la colonna in allungamento. L’addome si appoggia sulle cosce ed il petto si avvicina alle gambe. Le ginocchia si possono piegare un poco per facilitare la chiusura.

Si pratica con l’intenzione di non raggiungere immediatamente la posizione ma di entrarvi poco per volta, lasciando che siano la gravità ed il rilassamento a facilitarne l’esecuzione. Le mani vanno ad appoggiarsi sui piedi, o sulle caviglie, gli stinchi, le ginocchia: dipende dalla flessibilità e da quanto si riesce a scendere con il tronco.

L’importante è mantenere la colonna distesa e non chiudere il busto su sé stesso, incassando la schiena, nel tentativo di scendere di più.

Il fulcro della posizione è il bacino: è il movimento del bacino che permette di ottenere la chiusura del corpo, e non un eccessivo piegamento della schiena. La schiena deve infatti rimanere più diritta il possibile e si deve scendere mantenendo la colonna in allungamento, con l’intenzione di portare il petto (non la fronte) verso le ginocchia.

Il rilassamento aiuta l’esecuzione: rilassando, si rilascia la contrazione istintiva che i muscoli adottano per proteggere le fibre e le articolazioni: si permette così alle fibre muscolari di allungarsi. Con l’allungamento aumenta flessibilità del corpo.

Così, paradossalmente, più si rilassa e più si riesce ad entrare nella posizione.

Più si forza, più il corpo si irrigidisce, si incontra resistenza e lo āsana diventa difficile e poco piacevole.

Si possono posizionare dei mattoncini sotto le ginocchia, nel caso in cui non si riesca a distendere le gambe: così facendo, i muscoli delle gambe si possono rilassare ed allungare.

Oppure si possono mettere dei mattoncini sopra le gambe, in modo da portare la fronte in appoggio: diventa così possibile rilassare la schiena ed il collo e percepire l’allungamento dei muscoli dorsali e lombari.

Fermi per qualche minuto nella posizione, si porta l’attenzione al respiro ed alle sensazioni corporee.

Quando si vuole terminare, inspirando si distendono bene le braccia e la schiena prima di salire con il busto, cercando di mantenere l’allungamento, come se si volesse raggiungere qualcosa con le mani. Arrivati con il busto sulla verticale, espirando si portano le mani verso terra, in appoggio ai lati del bacino. Si sciolgono infine braccia e gambe con qualche movimento dolce.


Pascimottāna favorisce l'allungamento ed il rafforzamento dei muscoli dorsali, lombari e posteriori delle gambe. Attraverso la respirazione produce un massaggio agli organi addominali ed alla zona surrenale, favorendone la funzione e l'irrorazione sanguigna.

Da evitarsi in caso di ernie discali. Praticare con cautela limitando la chiusura in caso di protrusioni. Cercare di mantenere costantemente la schiena in allungamento. A livello psicosomatico pascimottāna āsana è una posizione che stimola non solo il raccoglimento ma anche la fiducia: nella chiusura, con lo sguardo rivolto in basso, il praticante non può vedere cosa succede intorno a sè ma avendo fiducia nell’ ambiente che lo circonda, si può abbandonare completamene alla pratica.


 
 
 

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