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Sadhaka-âsana, la posizione del devoto

Sadhaka-âsana rientra in quella serie di posizioni dello hatha-yoga apparentemente molto semplici ma che ad una osservazione più accurata presentano effetti non banali e valori simbolici importanti.

La parola hatha è formata dall’unione delle sillabe ha come “sole” e tha come “luna”: lo hatha-yoga è infatti lo yoga dell’equilibrio, una pratica mirata a portare armonia tra le coppie di opposti presenti in ognuno di noi: maschile e femminile, caldo e freddo, apertura e chiusura, attivazione e riposo, inspirazione ed espirazione, assimilazione ed espulsione, eccetera.

Queste coppie di opposti sono riconoscibili sia a livello fisico che a livelli più sottili, psichici ed inconsci.

L’armonia è cioè l’integrazione degli opposti, piuttosto che la prevalenza di uno dei due, secondo l’assioma per cui il totale è maggiore della somma delle sue parti.

Armonia ed integrazione...


La ricerca dell’equilibrio tra le coppie di opposti implica di ottimizzare l’attivazione del corpo e la qualità del riposo.

Queste due funzioni che si alternano nella quotidianità di ognuno, sono regolate dai sistemi nervoso simpatico e nervoso parasimpatico, da cui si originano stimolazioni che coinvolgono tutto l'organismo.

Nella fase di attivazione la respirazione, il flusso sanguigno, il battito cardiaco e la produzione di determinati ormoni vengono incrementati per permettere al corpo di muoversi ed operare con efficienza. A livello evolutivo infatti questa fase corrisponde alla reazione ad uno stimolo esterno potenzialmente pericoloso, al quale sottrarsi repentinamente per poter preservare l'organismo e quindi la vita.

Nella fase di riposo tutti questi parametri vengono invece ridotti o rallentati così da poter ottimizzare il recupero delle energie, l’equilibrio ormonale ed i processi cerebrali.


Quando la fase di attivazione è di intensità o durata superiore alle risorse fisiche e psicologiche, si entra in quella condizione che può essere definita come “stress”: una attivazione importante dei parametri fisiologici che nel breve periodo permette una reazione efficace ma che nel medio e lungo periodo diventa logorante e quindi nociva per l'organismo.

Lo stress non è di per sé dannoso: anzi, è una risposta adeguata per evitare il pericolo percepito. Nell'immediato può salvarci la vita. Come quando attraversiamo la strada distrattamente e all'ultimo vediamo un'auto sopraggiungere in velocità: il battito e la respirazione accelerano, il flusso sanguigno aumenta, la vista periferica si fa più acuta ed i muscoli si contraggono per permetterci di fare quello scatto che ci porta al sicuro, dall'altra parte della strada.

Una risposta forte ed istantanea, senza bisogno di rifletterci sù.

Una volta prodotta l’azione che permette di sottrarsi al pericolo, il corpo interrompe l’attivazione intensa e ritorna ad una condizione di riposo: il battito rallenta, la pressione diminuisce, la respirazione diviene regolare e profonda.

Oggigiorno però lo stress è spesso generato da stimoli che provengono dal lavoro, dai rapporti sociali e dalle necessità economiche: l’emergenza, benché non metta a repentaglio (almeno nell’immediato!) l’incolumità, viene percepita comunque come “reale”. Il corpo attiva tutta una serie di risposte ma in realtà non può "fisicamente" fuggire dal pericolo e perciò rimane nella condizione di attivazione intensa per un lungo periodo.

Questo protrarsi di tutta una serie di parametri fisiologici è dannoso per gli organi, per il sistema nervoso e circolatorio e può indurre al cronicizzarsi dei meccanismi di risposta.

La frequenza dell’esposizione a fattori di stress nelle nostre attività quotidiane fa sì che la fase di attivazione prenda il sopravvento su quella di riposo: succede così per esempio che al termine della giornata, quando finalmente ci si potrebbe riposare, si crolli addormentati oppure non si riesca a prendere sonno: non si riesce cioè a “disattivare” ed a bilanciare le risposte del corpo.

Lo hatha-yoga lavora per ristabilire l'equilibrio tra le fasi di attivazione e di riposo e lo fa alternando pratiche di lavoro corporeo a pratiche di rilassamento profondo: allena la capacità dell'organismo di rispondere agli stimoli senza rimanere vincolato all'iper-attivazione o all'inerzia.

Anche nell'esecuzione degli âsana è bene pertanto seguire una sequenza bilanciata alternando posizioni in cui il lavoro muscolare, cardiaco e respiratorio sono maggiori a posizioni in cui ci si può “abbandonare” all’ascolto del corpo, del respiro e delle sensazioni.


Sadhaka-âsana è una di queste pratiche in cui ci si può dedicare profondamente all’osservazione ed alla concentrazione.

Questo però, come già sottolineato, non vuol dire che la posizione sia meno importante o meno benefica.


Ci si porta in ginocchio sul tappetino, le ginocchia e gli alluci a contatto. Se possibile, distendere il collo del piede a terra.

Seduti sui talloni, raddrizzare bene la schiena, immaginando di poter allungare e di spingere con la sommità della testa verso il soffitto.

Inspirando si distende bene il tronco verso l’alto, espirando si flette il busto in avanti per portare la fronte a terra, senza perdere l’allungamento della colonna.

Se i glutei tendono a sollevarsi dai talloni, possiamo usare un supporto come un blocchetto per appoggiare la fronte, oppure chiudere le mani a pugno e piegare i gomiti per portare un pugno sopra l’altro, la fronte sul pugno superiore.

In alternativa si può usare un cuscino tra le natiche ed i talloni, soprattutto nel caso in cui la dimensione dei polpacci renda scomodo sedersi in ginocchio.

Si possono distanziare un po’ le ginocchia tra di loro e aprire leggermente i talloni verso l’esterno se aiuta a trovare maggiore comodità nella seduta.

Una volta appoggiata la fronte, (se non si usa il sostegno dei pugni) le braccia possono essere distese in avanti oppure indietro, con i palmi rivolti a terra.

A seconda della posizione delle braccia, il medesimo âsana assume nelle varie tradizioni nomi diversi.

Con le braccia rivolte in avanti troviamo i nomi Sadhaka-âsana, la posizione del devoto, e Shashanka-âsana, la posizione del coniglio.

Quando le braccia sono distese indietro abbiamo invece Balasana, la posizione del bambino, oppure Dharmika-âsana, la posizione della foglia.

Per comodità, in questo articolo si parla genericamente di Sadhaka-âsana.


Si può rimanere in Sadhaka-âsana per qualche minuto, mantenendo una respirazione profonda attraverso il naso ed ascoltando le sensazioni presenti nel corpo.

Nella posizione, l’addome non si può espandere completamente perché in appoggio sulle cosce: possiamo però percepire come inspirando, l’espansione avvenga nella parte bassa della schiena, con il respiro che va a produrre un leggero massaggio a tutta la zona lombare, ai reni ed alle ghiandole surrenali.

La resistenza delle cosce all’espansione della pancia produce inoltre una leggera compressione che va a stimolare beneficamente i visceri.


La posizione trae sicuramente origine dalle pratiche di prostrazione comuni alle tradizioni induiste e buddiste, dalle quali deriva anche la sequenza oggi conosciuta come Surya-namaskara, il saluto al sole.

Il valore simbolico di queste tradizione rimane presente in Sadhaka-âsana, dove ci si china in segno di riconoscenza e di rispetto: il sâdhaka è infatti il devoto, colui che è impegnato nel sâdhanâ, il percorso di consapevolezza e crescita che ambisce a raggiungere il fine supremo della liberazione dalla sofferenza.

Prostrazioni

Nello yoga non c’è bisogno di concepire la pratica come un inchino in segno di devozione verso una qualche divinità: si può percepire il gesto di portare la fronte a terra semplicemente come un momento in cui si afferma la propria gratitudine verso le cose che si hanno e che danno alla nostra vita valore e significato.

Un momento per coltivare la contentezza, la capacità di riconoscere l’importanza di ciò che già abbiamo, a scapito di quello che invece vorremmo ma che attualmente non è a nostra disposizione. Ricordandoci che nell’approccio di molte tradizioni yogiche si rammenta come “non sempre ciò che desideriamo corrisponde a ciò di cui avremmo effettivamente bisogno”.

Gratitudine...


Si ritiene che le posizioni di chiusura, cioè di flessione in avanti della colonna, aiutino a coltivare un senso di fiducia. Nell'esecuzione infatti lo sguardo è rivolto verso terra e non si ha visuale su quello che succede intorno, nella stanza: nonostante questa mancanza, nella pratica si ricerca un rilassamento profondo come se a livello sub.conscio fossimo consapevoli che intorno a noi non succede nulla che possa nuocere.

Si ritiene che la fiducia sia un atteggiamento di tranquillità e sicurezza verso gli altri o verso sé stessi, basato su di una valutazione positiva delle circostanze esterne ed interne.

Proprio la consapevolezza di tutte quelle piccole o grandi cose che danno valore alla nostra esistenza, può fornire una risorsa interna importante per lavorare sulla crescita del nostro senso di fiducia.

Ecco come l’esecuzione di una “semplice” posizione come Sadhaka-âsana può rappresentare uno stimolo per riflettere sul bicchiere mezzo pieno e per ricordarci di godere delle fortune di cui disponiamo: un corpo da usare, l’aria che respiriamo, un tappetino ed uno spazio per condividere la pratica dello Yoga.



 
 
 

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