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Viparîta karanî, il gesto di capovolgersi

Guardare al mondo a testa in giù.


Le posizioni di inversione, in cui si ribalta l'ordinaria collocazione del corpo nello spazio, hanno un ruolo fondamentale nella pratica dello hatha-yoga, sia per i numerosi benefici che per il valore simbolico.

Capovolgere la consueta visuale e guardare il mondo sottosopra, permette di assumere prospettive diverse e di riconsiderare l'ordine attribuito alle cose, illuminandole di una luce nuova.

Come tutte le posizioni, anche quelle di inversione possono essere adattate a qualsiasi condizione e livello: già solo semplicemente sedendosi con le gambe sollevate e appoggiate contro di un muro, con un cuscino posizionato come rialzo sotto i glutei, comporta la pratica di una capovolta.

Infatti, nel momento in cui si posiziona il bacino più in alto rispetto al busto ed alla testa si ottengono già, seppur in misura minore, i benefici e gli effetti comuni a tutti gli âsana di inversione.


Le posizioni capovolte vanno praticate con cautela, dando tempo al corpo di regolare pressione e flusso sanguigno alla diversa sollecitazione gravitazionale.

Le inversioni vanno generalmente evitate in presenza di ciclo mestruale, stati infiammatori, congestione nasale, influenza, febbre, acufene, problemi di pressione oculare, problemi cardiaci e di pressione sanguigna. Si consiglia di praticare con cautela e sotto la guida di insegnanti esperti, soprattutto in caso di ernie discali e/o problemi alla colonna.

I tempi di mantenimento della posizione incidono notevolmente sull'intensità degli effetti: inizialmente è consigliabile una esecuzione dinamica, in cui lentamente si entra nella posizione per poi uscirne con cautela dopo pochi respiri. Così facendo si sviluppa la consapevolezza dei muscoli coinvolti in ogni fase e si coltiva l'ascolto del corpo, osservando gli effetti della pratica.


Viparîta Karanî può essere tradotto dal sanscrito come il "gesto di capovolgersi",

di "invertire (viparîta) la posizione del corpo". Karanî è "ciò che viene fatto", "l'atto".


Sdraiati supini, sistemare la schiena a terra, rilassando le spalle (che devono rimanere a contatto con il pavimento), allineando ed allungando la colonna dal coccige fino alle cervicali.

Le braccia sono distese con i palmi delle mani sul tappetino, ai lati del bacino, le dita ben attive.

Si flettono le ginocchia portando i talloni verso le natiche, piedi uniti e piante a terra.

Inspirando, si avvicinano le ginocchia al corpo, quindi si spinge sulle mani e sugli avambracci per sollevare il bacino e distendere le gambe verso l'alto.

Si possono quindi piegare i gomiti e portare le mani sulle creste iliache, a sostenere il bacino. Il corpo rimane in appoggio sui gomiti e sulle spalle.

La spinta delle gambe unite verso il soffitto permette di mantenere la posizione senza gravare sul collo: i muscoli sono attivati dalle natiche fino alle dita dei piedi.

La contrazione degli addominali stabilizza il corpo ed alleggerisce il peso sui gomiti.

In molte descrizioni diViparîta Karanî si vedono immagini in cui la posizione finale viene eseguita con i piedi sulla verticale del viso: in questo modo il mantenimento statico risulta più "facile" poiché è necessario un minore lavoro muscolare a livello addominale ed il peso delle gambe grava meno sui gomiti. Si va però così a caricare sulle cervicali, rischiando di creare fastidi e possibili conseguenze su di una parte del corpo di per sé delicata e spesso soggetta a somatismi, sovraccarichi e disfunzioni posturali.

Pertanto, è consigliabile praticare Viparîta Karanî mantenendo le gambe sulla verticale del bacino: inizialmente l'esecuzione statica sarà breve ma gradualmente e con l'allenamento dei muscoli coinvolti si potranno aumentare i tempi, senza pesare sul collo e mantenendo il baricentro sui gomiti e sulle spalle.

La diversa posizione delle gambe nelle due immagini: con le gambe in linea con il bacino il lavoro dei muscoli addominali è maggiore ma minore è il carico sulla zona cervicale.


Come in tutti gli âsana, durante la pratica è importante respirare in modo lento e profondo attraverso il naso, cercando di rilassare il più possibile.

Per ritornare, espirando si piegano lentamente le ginocchia per avvicinarle al petto, si distendono gli avambracci e quindi, con l'aiuto delle braccia che frenano la discesa, si posa gradualmente la schiena a terra, con l'intenzione di srotolare la colonna come fosse un tappeto, fino ad appoggiare completamente il bacino.

Si portano le piante dei piedi nella posizione di partenza, per distendere prima una gamba e poi l'altra.

È consigliabile rimanere sdraiati per almeno metà del tempo che si è dedicato alla pratica di Viparîta Karanî prima di cambiare posizione o alzarsi in piedi.

In questo modo si da tempo al corpo di regolare il flusso sanguino e si evitano sbalzi di pressione e/o capogiri.


La posizione può essere mantenuta per qualche minuto ma è consigliabile interrompere immediatamente in presenza di qualsiasi disturbo, come per esempio fischio alle orecchie, vampate di calore alla testa, fastidi alla zona cervicale.

Se eseguite correttamente le posizioni invertite comportano numerosi benefici ma (come tutte le pratiche dello hatha-yoga) è importante procedere per gradi ed adattare in base alla condizione del momento.

Viparîta Karanî stimola il flusso del sangue ma senza affaticare il cuore, favorisce il ritorno venoso e quindi porta una sensazione di leggerezza agli arti inferiori, irrorando efficacemente la zona del bacino e gli organi addominali.

Inoltre la pratica va a sollecitare il pancreas e regolare la produzione di numerosi ormoni, ottimizzando la circolazione linfatica.


Secondo la fisiologia sottile della tradizione yoghica, la forza vitale presente nell'individuo e latente alla base della spina dorsale, viene rappresentata come un serpente appisolato ed arrotolato in tre spire e mezzo, chiamato Kundalinî.

L'obiettivo delle pratiche energetiche nello yoga è quello di risvegliare questo serpente, questa energia, in modo di farla risalire lungo la spina dorsale e sviluppare il pieno potenziale insito nell'essere umano.

Questa forza primordiale, benché dormiente, rimane comunque attiva ed è responsabile della produzione di un fluido che risale lungo la colonna per accumularsi vicino alla sommità della testa, chiamato con il termine Amrita, il nettare dell'immortalità.

Mrita in sanscrito significa infatti "morte" e la a- è un prefisso negativo.

Questo nettare costituisce l'essenza vitale, in un contesto associata alla potenza femminile, all'acqua ed alla luna.

L'Amrita gocciola però costantemente e passando attraverso la gola cade nello stomaco dove viene bruciata dal fuoco Agni, il fuoco digestivo che rappresenta l'aspetto maschile e solare: questo consumarsi del nettare vitale rappresenta l'inesorabile processo di invecchiamento e deterioramento del corpo umano, involucro del corpo spirituale in questa vita.

Nella filosofia delle tradizioni indiane si ritiene infatti che la morte del corpo non sia la fine della vita, in quanto lo spirito rimane, non nasce né muore, semplicemente cambia forma. Muta come tutto quanto intorno a noi costantemente muta.


Le pratiche dello Yoga mirano a mantenere l'organismo in forma ed a rallentare il processo di invecchiamento: il corpo fisico è infatti il veicolo che utilizziamo su questa terra e siccome la nascita in forma umana è cosa rara e preziosa, è importante sfruttare l'occasione al meglio.

Pertanto molte pratiche mirano a rallentare la caduta ed il consumo di Amrita.

Per esempio in una tecnica, un gesto, chiamato khecarî mudrâ, si sviluppano i muscoli della lingua per poterla portare indietro il più possibile, spinta contro la sommità del palato, in modo da raccogliere il nettare vitale che gocciola ed evitare che venga bruciato dal fuoco digestivo.

Rappresentazione dell'ambrosia, il nettare dell'immortalità nella mitologia greca.


Si ritiene pertanto che le posizioni capovolte favoriscano due degli scopi principali dello yoga, secondo un' ottica focalizzata sullo sviluppo delle energie sottili: favorire la risalita della Kundalinî ed interrompere la caduta del nettare vitale .

Rappresentazione del canale energetico principale lungo il quale scorre la Kundalini.


Infatti a testa in giù, la Kundalinî viene facilitata nel suo percorso lungo la colonna vertebrale mentre l'Amrita smette di gocciolare in direzione del fuoco digestivo.

Benché si possa facilmente inquadrare questa visione nell'ambito della mitologia e della fisiologia sottile propria delle tradizioni yoghiche, senza sminuirne la bellezza ed i valori, è doveroso cercarne una lettura che consideri le funzioni anatomiche.

Nelle posizioni invertite avviene una stimolazione della tiroide e delle paratiroidi, il cui funzionamento è fondamentale per il metabolismo: una corretta regolazione di queste ghiandole è necessaria per il mantenimento di tutti quei processi vitali che avvengono all'interno di ogni cellula.

In tal senso possiamo perciò interpretare come ben prima dell'analisi scientifica i precursori dello yoga avessero compreso, attraverso un' indagine esperienziale, le implicazioni della pratiche capovolte sulle funzioni vitali delle cellule.


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