Vrikshasana, la posizione dell'albero
- samuele rosso
- Dec 19, 2021
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L'albero come simbolo della vita
Quando si pensa allo yoga spesso vengono in mente immagini di posizioni meditative, come la posizione del loto, oppure immagini di posizioni in piedi.
In particolare, spesso viene da pensare alla posizione dell'albero.
Vriksha in sanscrito significa albero.
Vrikshasana è la posizione di equilibrio per eccellenza. Bilanciandosi su una gamba sola, si distende il corpo verso l'alto ma senza perdere l'appoggio, la connessione con il suolo.
L’albero stesso, come figura, è la simbologia per eccellenza: rappresenta sia il radicamento che la spinta verso l’alto, sia la stabilità che conduce all’equilibrio che la flessibilità.
L’albero è ancorato al terreno dalle radici e grazie al suo flettersi quando sottoposto alla forza del vento, evita di spezzarsi.
C.J. Jung disse: “Gli alberi hanno una individualità. Sono quindi, sovente, simbolo di personalità”.
Infatti, attraverso la visione dell’albero si costruisce la percezione di sé come individuo.
Basti pensare ai bambini, che disegnano spesso gli alberi, oppure ai miti presenti in molte culture, in cui compare l'albero come simbolo di longevità e quindi di saggezza. Come rappresentazione della capacità di adattamento e di resilienza.
L'albero simbolicamente contiene in sé molte virtù positive. Il mondo degli alberi è un mondo magico, misterioso, a tratti anche pericoloso. Il bosco rappresenta una dimensione a sé e chi lo attraversa ne esce sempre trasformato.
In molte religioni gli alberi e le piante assumono valenze sacre e possiedono il potere di guarire o di conferire la Conoscenza.
L'albero costituisce l'archetipo della vita, del passare del tempo e della ciclicità delle stagioni.
L’albero stesso è fonte di vita e di protezione: nutre con i suoi frutti e ripara dal sole e dalla pioggia con le sue fronde .
Proprio dall’ albero e dal suo legno l’uomo ottiene il dono del fuoco, che permette di scaldarsi e di cucinare. Anche quando muore, l’albero rimane nel ciclo della vita: diventa legna da ardere o permette una nuova nascita attraverso i semi dei suoi frutti.
Anche nello yoga la connessione con l'albero ha (appunto) radici profonde: non solo il rapporto con la natura è fondamentale per il praticante, ma proprio nelle foreste, circondati e riparati dagli alberi, i primi yogin e yogini sperimentarono in tempi antichi le pratiche che oggi conosciamo come yoga.

Immagine di asceta in posizione di equilibrio, scolpita sulla colonna di un tempio nell' India del sud.
Complesso di Hampi.
Ancora parafrasando Jung, nella pratica yoga possiamo dire che non si va verso l’alto se non si ha un buon radicamento.
L’albero costituisce un asse che collega alto e basso, cielo e terra, materia e spirito.
Senza questo collegamento le due dimensioni rimangono distanti, dissociate. Immedesimandosi nell’albero il praticante cerca di incorporare questa connessione: solo l’integrazione degli opposti permette di raggiungere l’equilibrio. Solo attraverso la mediazione tra radicamento (una solida base a terra costituita dall’appoggio su di una gamba) e lo slancio verso l’alto (il corretto allineamento del corpo e la distensione della colonna) si raggiunge l’equilibrio che permette il mantenimento della posizione.
Infatti, se si è troppo radicati si perde la distensione verso l’alto; se si è troppo protesi verso l'alto, l’appoggio vacilla ed il piede sollevato ritorna a terra.
Non si può sviluppare Ajna Chakra senza sviluppare anche Muladhara Chakra , cioè non c'è apertura e progresso consapevole se non si è presenti, attenti, radicati. Centrati. Proprio se siamo centrati, allora abbiamo equilibrio. Altrimenti pendiamo da un lato e prima o poi cadiamo.
La centratura si può intendere anche come una ricerca di equilibrio con sé stessi, non solo come rapporto con la gravità e con le spinte opposte.
A volte la pratica consiste nella ricerca di un compromesso con il nostro Ego: quando ricerchiamo una condizione di equilibrio che non è disponibile, cadiamo. Quando alziamo troppo il piede da terra senza adeguate concentrazione e pratica, perdiamo l’equilibrio.
Quando cioè l’ Ego ci spinge alla ricerca di un equilibrio che in quel momento non è accessibile, subito ci sbilanciamo. Più forziamo, meno equilibrio troviamo. Più accettiamo la nostra condizione e più, magari, riusciamo a trovare una posizione comoda e stabile.
Più pratichiamo senza aspettativa, godendo di ogni momento, con impegno ma senza concentrarci troppo sul risultato finale, e più la posizione sarà piacevole.
Paradossalmente, meno avremo paura di perdere l’equilibrio e più riusciremo a mantenere la posizione a lungo, anche solo un istante in più.
Accettiamo di dover riportare il piede a terra, accettiamo che la pratica non consista soltanto nella performance finale ma sia piuttosto costituita da tutti quei piccoli movimenti con cui entriamo ed usciamo dalla posizione, con cui troviamo e perdiamo l’equilibrio, in una serie di andate e ritorni che costituiscono l’allenamento del 'muscolo' dell’equilibrio e del 'muscolo' della concentrazione.
In piedi, con i piedi paralleli e separati tra di loro come la larghezza del bacino, si distende bene il corpo e si cercano di allineare talloni, glutei, spalle e nuca, immaginando di essere come in appoggio ad un muro.
Si porta l'attenzione alle piante dei piedi e, oscillando verso destra e verso sinistra, si osserva come spostando peso e baricentro, cambi l'attivazione delle gambe.
Ci si ferma quindi con tutto il peso sulla gamba destra, che diventa via via più rigida per poter sostenere tutto il corpo: i muscoli si attivano dal tallone all'anca.
La gamba sinistra diventa invece sempre più leggera, tanto che si può staccare il tallone da terra ed avvicinarlo alla caviglia destra. Il piede sinistro rimane in appoggio sulle sole dita.
Si porta lo sguardo in un punto davanti a noi, leggermente verso il basso: fissando un punto, migliorano l'equilibrio e la concentrazione.
La posizione delle braccia e delle mani può aiutare con la stabilità: si posso portare le braccia distese ai lati del corpo, leggermente sollevate e con i palmi ruotati in avanti; oppure le braccia distese verso l’alto; o ancora piegate con i palmi uniti davanti al petto, nel gesto della preghiera e del saluto. Possiamo scegliere la variante che ci consente maggiore equilibrio e concentrarci sul tenere le spalle ben aperte e rilassate.
Si può quindi rimanere così, con il tallone a contatto con la caviglia destra e la sola punta del piede sinistro in appoggio sul pavimento.
Oppure si può provare a giocare con l'equilibrio, a staccare completamente il piede sinistro da terra e far scivolare il tallone lungo la gamba destra.
Prima di raggiungere l'affaticamento, si riporta il piede sinistro in appoggio e si torna nella posizione di partenza, il peso distribuito su tutte e due le gambe. Le mani e le braccia tornano in una posizione di riposo. Si ascoltano per un istante le sensazioni presenti nel corpo, prestando particolarmente attenzione ad eventuali differenze tra la gamba destra e quella sinistra.
Si ripete quindi la pratica sul lato opposto, in appoggio sulla gamba sinistra.
La posizione dell’albero può facilmente essere praticata a livelli diversi: il piede sollevato può essere tenuto più o meno in alto.
L’importante è piuttosto mantenere il corpo allineato, con le spalle e le anche sulla stessa linea, il ginocchio della gamba piegata ben aperto lateralmente.
Una pratica profonda non dipende da quanto si sale con il piede, o da quanto a lungo si riesca a mantenere la posizione, ma piuttosto da quanto si è consapevoli, connessi con il corpo e presenti nel momento .
A differenza della mente, il corpo può essere in un posto solo per volta. Se durante la pratica siamo con la mente e con l’attenzione nello stesso posto in cui si trova il corpo, allora stiamo davvero praticando.
L'equilibrio varia di giorno in giorno, di pratica in pratica, è una condizione influenzata da molti fattori: stanchezza, umore, tono muscolare, momento della giornata. Persino dal meteo: si dice per esempio che con il vento, benché chiusi in una stanza, sia più difficile mantenere l'equilibrio.
La pratica di Vrikshasana aiuta a tonificare i muscoli delle gambe ed a migliorare la postura. La ricerca dell'equilibrio stimola la calma, la concentrazione e la propriocezione, cioè la consapevolezza della posizione del corpo nello spazio.
Il riconoscimento dei propri limiti nell'esecuzione è un ottimo esercizio per l'accettazione di sé.
Vrikshasana si può praticare con cautela anche durante la gravidanza, in quanto favorisce uno stato di calma ed aiuta a stabilizzarsi, a coordinare corpo e mente.

Albero di cotone e seta del Malabar, parco Lalbagh di Bangalore
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